«Io vi darò ristoro» Commento al Vangelo del 9 luglio 2017, XIV domenica del T.O.

Non è scontato precisare il contesto in cui si inserisce una delle poche preghiere espresse ad alta voce da Gesù e che troviamo oggi nel Vangelo di Matteo. La predicazione del Maestro di Nazareth rivolta a tutti non è da tutti accolta e compresa. Il nuovo stile linguistico, le parabole e le metafore, un nuovo metodo comunicativo hanno scardinato un pensiero scritto su tavole di pietra ma non sulla carne del cuore. In realtà il metodo comunicativo di Gesù e il suo pensiero non vengono ad annullare quel pensiero che ha sostenuto la fede del popolo, ma mirano a incidere il messaggio di quel pensiero nell'intimo dei cuori dell’uomo perché diventi una regola di vita, uno stile esistenziale. I dottori della legge, gli scribi e i farisei, i sommi sacerdoti non riescono ad interiorizzare il messaggio di Gesù, quel messaggio antico ed espresso in altre parole, con parole nuove. Fanno fatica ad accettare le nuove modalità e per questo rifiutano il messaggio stesso, senza sapere, o facendo finta di non sapere, che rifiutano il messaggio della Torah. Gesù in realtà adotta una nuova didattica, quella che i “piccoli” riescono ad accogliere con naturalezza, con semplicità di cuore, con entusiasmo, con generosità d’animo. Ecco allora perché il Maestro esclama: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». 

I piccoli non sarebbero gli ignoranti o gli illetterati. I piccoli sono quelli che hanno un cuore libero, capaci di accogliere la novità di una proposta di vita; sono quelli che comprendono il valore di una proposta nuova; sono quelli che si lasciano coinvolgere da una esistenza in continuo divenire; sono quelli che non si lasciano irrigidire da una conoscenza già acquisita ma sanno integrarla con nuove scoperte; sono quelli che non restano arroccati ad un linguaggio austero e incomprensibile ma sanno incarnare un pensiero in realtà che continuamente cambiano. I piccoli sono quelli che non hanno paura del cambiamento, ma sanno creare ponti tra un pensiero espresso in un passato e lo stesso pensiero che necessita essere espresso in un preciso presente. I piccoli del Vangelo sono quelli che vivono la santa inquietudine dell’anima che li sprona a rivedere sempre il vocabolario della fede, non per cambiare o adattare i principi che la sostengono, quanto per adattare il suo linguaggio e saperla proporre ad un mondo che è continuamente soggetta a rapidi ed epocali cambiamenti in ogni ambito. Gesù contrappone i piccoli ai grandi, a quelli cioè che fanno la parte dei rigidi con la pretesa di salvaguardare il fondamento della legge. Così facendo il Maestro Gesù desidera educare gli stessi grandi a “sciogliersi”, a capire che se continuano a difendere la legge senza aiutarla ad incarnarsi nella vita dell’uomo, quella legge non ha più senso, non serve a nulla, è parola morta. Gesù esaltando i piccoli, desidera far comprendere che la legge è la Parola di Dio che si incarna nella storia dell’uomo, è la Parola viva che dà vita, è la Parola del Padre che va’ continuamente ravvivata con proposte rinnovate e attuali, è la Parola che pur proposta in altri termini non perde la sua efficacia e il suo fondamento. 
Questa riflessione oggi ci porta a concentrarci sull’importanza del metodo comunicativo evangelico. Anzitutto ci chiediamo: sono “piccolo” o sono “grande”? Sono cioè capace di accogliere la novità della proposta evangelica, oppure ho un cuore irrigidito da una norma che è solo tale e non vita? Sono capace di scorgere “i segni dei tempi” che mi manifestano la bellezza di un Vangelo che non è parola morta ma Parola che dà vita? Sono attento a trasmettere le verità di fede contenute nelle pagine sacre della Scrittura usando un linguaggio comprensibile e attuale, oppure in nome di un tradizionalismo sterile e ingenerante blocco la sua trasmissione? Il messaggio evangelico è una proposta sempre valida e nuova, ma necessita che noi, depositari del suo contenuto, siamo capaci di proporlo con rinnovato entusiasmo, con una carica passionale ed emotiva tale da coinvolgere l’interlocutore, con costante impegno, con parole umane. 
Padre Onofrio Antonio Farinola
sacerdote cappuccino

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