«C'era un uomo ricco...» Commento al Vangelo del 25 settembre 2016, XXVI domenica del T.O

«Tu, uomo, di Dio, evita queste cose: tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato». Parole esortative quelle di Paolo rivolte a Timoteo, e che oggi sentiamo rivolte a ciascuno di noi. Parole che ben riassumono la liturgia dell’odierna domenica. Il discorso di Gesù con la parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro mendicante alle porte del ricco egoista mira a puntare lo sguardo del cuore vero l’alto, vero l’eternità. Non si può, come fa il "povero ricco" Epulone, concentrare l’attenzione verso le cose meramente terrene mentre si è al crepuscolo della vita. Le ricchezze di questo mondo non generano se non tormenti, egoismo, indifferenza, ingiustizia. 
Il contrario di una vita ripiegata su se stessa, di un’esistenza tesa ad accaparrare in modo ingiusto i beni della terra, di una vita spesa soltanto all'idolatria di beni effimeri e corruttibili, consumata a conteggiare soltanto soldi sporchi e grondanti di sangue innocente, tarlata dal tarme dell’indifferenza e del sopruso è un’esistenza ripiena di amore generoso, una vita fatta di pietà, cioè di partecipazione attiva ai bisogni del prossimo, è una vita vissuta tutta nella giustizia e nell'equità, nell'accoglienza e nella condivisione, nella sobrietà e nella mitezza. 
Nella pagina lucana proposta per questa domenica del tempo ordinario possiamo notare una sottigliezza di non poco conto. Mentre del ricco Epulone non viene fatto nome, del povero noi sappiamo che si chiama Lazzaro. Cosa vuol dire questo? L’indifferenza, l’egoismo, l’idolatria fanno perdere l’identità di un uomo, lo deturpano della sua dignità, lo rendono anonimo. Sì, perché per il ricco tutto ha un nome, tranne che lui e il prossimo; chiama per nome solo i suoi averi, mentre le persone e se stesso perdono l’identità. Il povero Lazzaro viene citato per nome. Un povero non possiede nulla se non se stesso, la sua dignità, il suo cuore libero, la sua vita preziosa e incondizionata da ogni cosa, gli altri magari a cui rivolgersi per un sostegno. Un povero è ricco della sua dignità e per questo conosce bene il suo nome, la sua identità senza confonderla con le cose passeggere di questo mondo. Conosce bene il prossimo a cui tendere la mano per chiedere aiuto nel suo bisogno. 
Il richiamo oggi vale per ciascuno di noi. Non serve annientare la propria esistenza con l’inganno della ricchezza di un momento. Siamo chiamati a volgere lo sguardo verso l’alto mentre guardiamo verso il prossimo. È il prossimo a me il tramite per raggiungere l’eternità. È la carità la corda a cui legare la mia vita per essere tirato su. È la condivisione e la comunione il sentiero da attraversare nella mia vita per vivere la vita eterna. È la giustizia verso i poveri la strada più veloce per raggiungere l’obiettivo dell’eternità. 
Carità, comunione, condivisione, pazienza, perdono, giustizia, pietà, mitezza fanno di un cristiano un povero nello spirito. Quella povertà necessaria per vivere nel cuore ricco di misericordia di Dio. Il resto ci distrae, ci fa vivere nei tormenti, ci rattrista, ci rende schiavi, ci rende terribilmente indifferenti, ci rende miseramente curvi nello spirito, ci isola dagli altri. Mi piace concludere riportando le parole di una lettera di Chiara d’Assisi, la quale parlava di povertà beata. Quelle dolci e sonore parole oggi sono per ciascuno di noi. La parola a Chiara, che ha fatto della povertà un caposaldo, un inno di lode della sua esistenza e di quella della sua famiglia religiosa: 
«O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose create, si degnò di abbracciare a preferenza di ogni altra cosa». 

Padre Onofrio Antonio Farinola
Sacerdote capuccino

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