Il fascino di Internet. I rischi della dipendenza

Articolo presso da: http://www.usminazionale.it/2011_12/cangia.htm

Senza dubbio Internet è uno strumento di cui sarebbe molto difficile, oggi, fare a meno. Le offerte della Rete sono ormai tanto numerose da rendere la “vita online” un’esperienza quasi indispensabile per il lavoro, per la pastorale, per la comunità e per la Chiesa. L’impossibilità di fare a meno di qualcosa si allaccia subito a un concetto che suona come negativo e insidioso, il concetto di dipendenza. L’essere “dipendente” è una condizione connaturata alla nostra vita in ogni suo aspetto. Abbiamo necessità di mangiare e dormire, come anche di avere una vita sociale e affettiva. Senza tutto questo non staremmo bene con noi stessi. In questo senso Internet ci consente di soddisfare bisogni importanti, da quelli legati al desiderio di apprendere, fino a quelli legati alla relazione con l’altro. Per chi ha scelto la vita consacrata la Rete rappresenta un altro terreno su cui seminare e far crescere gli insegnamenti del Vangelo. Questo, senza sottovalutare, però, i rischi in cui possiamo incappare: la possibilità di sviluppare una dipendenza patologica da Internet è dietro l’angolo per ognuno di noi. Anche nelle comunità di consacrate e consacrati. Entriamo ora, passo passo, in un chiarimento che potrebbe sembrare difficile, ma che è indispensabile per capire tutto il peso e la gravità di un eccesso d’uso della Rete.

Di cosa si tratta?

Quando sentiamo la necessità irrefrenabile di ripetere in modo coatto, ripetitivo e compulsivo una determinata abitudine con lo scopo di modificare il nostro stato mentale, con conseguente manifestazione di condizioni quali il craving (astinenza e assuefazione), siamo nel campo della dipendenza patologica.1 Il craving mette in luce la caratteristica della bramosia e del desiderio incontrollabile che inizialmente è associato a uno stato di benessere e che diviene ben presto l’unico modo per provare piacere ed evitare sentimenti negativi come ansia e depressione. Nel momento in cui ci si rende conto di non poter vivere senza quel comportamento e si tenta di evitarlo, si sperimenta uno stato di astinenza che si manifesta attraverso sintomi quali irritabilità, ansia, tremori e insonnia.

Il nostro corpo sviluppa una soglia di tolleranza psico-fisica che è variabile e prende il nome di assuefazione, condizione che porta la persona ad aumentare l’assunzione della sostanza o la reiterazione del comportamento per raggiungere lo stato di benessere.2 All’interno del contesto della dipendenza patologica si riconoscono due ambiti distinti la cui definizione presenta aspetti problematici, almeno per la lingua italiana. La nostra lingua, infatti, traduce con lo stesso termine due vocaboli inglesi che indicano due fenomeni diversi. Se con dependance ci si riferisce alla dipendenza fisica e chimica da una sostanza, senza la quale un organismo non riesce a portare a termine le proprie funzioni, con addiction si sottolinea la dipendenza da esperienze, comportamenti o oggetti. Questi ultimi, contribuendo a evitarci stati di ansia, favoriscono l’attuazione di sequenze di comportamento che noi percepiamo come gratificanti, ma che si sostituiscono, piano piano, alle relazioni umane faccia a faccia.3 La dipendenza da Internet rientra in questa seconda categoria - in cui sono presenti lo shopping compulsivo, la dipendenza da videogiochi, dal gioco d’azzardo e altre - che viene definita categorie delle new addiction o nuove dipendenze, proprio perché la dipendenza non ha come oggetto una sostanza chimica,4 ma non per questo è meno pericolosa.

Non lasciarsi intrappolare

Il primo a parlare di Internet Addiction Disorder (IAD) è stato Goldberg nel 1995. Ha descritto il disturbo mettendo in evidenza tutti gli aspetti della dipendenza, ma si è visto obbligato, nel 1999, a specificare meglio il concetto e ha coniato una nuova sigla: Pathological Internet Use Disorder (PIU)5 o Disordine Patologico dovuto all’Uso di Internet. Questo “disordine” è caratterizzato da una compromissione delle attività lavorative (scolastiche per gli alunni, professionali per gli adulti, pastorali e comunitarie per noi) e relazionali. In Italia, molte delle considerazioni su questo tema si devono a Cantelmi6 che sottolinea come i “retomani” possano essere affetti o meno da altre psicopatologie pregresse, ed evidenzia in particolare come sono proprio le caratteristiche tecniche della Rete a favorire l’insorgenza del disturbo. L’Autore riconosce, all’interno di questa patologia, due momenti principali: la tossicofilia, caratterizzata da attenzioni ossessive per la posta elettronica, da sguardi ripetuti a molteplici siti Internet, da un malessere percepito quando non si è online; e la tossicomania, fase più grave che sembra essere associata a situazioni psicopatologiche già presenti nella persona e insorge in chi fa un uso eccessivo di Internet.

Cantelmi ritiene che sia riduttivo parlare esclusivamente di IAD (Internet Addiction Disorder) e propone, invece, di chiamare il disturbo psicopatologia collegata all’uso di Internet (Internet Related Psychopatology - IRP), perché ritiene che la natura complessa della Rete e la molteplicità dei bisogni umani, che trovano soddisfazione nell’uso della Rete, abbiano bisogno di distinzioni più precise. Per questo motivo, riconosce all’interno del contesto “dipendenza e Internet” alcune categorie come il gioco d’azzardo compulsivo online, la dipendenza dal cyber-sesso, la dipendenza dalle cyber-relazioni, la dipendenza dalle eccessive informazioni e la dipendenza da shopping compulsivo online, per esemplificare. Le insidie a cui prestare attenzione sono numerose e stanno “dentro” le nostre comunità, comodamente installate nel cavo di rete o aleggianti in modalità wireless. È fondamentale prenderne coscienza. Avere un comportamento corretto non significa semplicemente non visitare i siti che, per i contenuti proposti, sono negativi. Significa anche non lasciarsi intrappolare dall’abuso delle cyber-relazioni, pur edificanti, se vissute a scapito delle relazioni costruttive faccia-a-faccia nella propria comunità. Quali, allora, le buone pratiche da mettere in atto?

La prevenzione: le buone pratiche

Le dipendenze patologiche possono coinvolgere anche chi ha votato la propria esistenza a Dio? Sì. Certo. Non siamo immuni dal fascino che le nuove tecnologie esercitano sulla mente e sul cuore, soprattutto perché attraverso la comunicazione cibernetica passano oggi tante delle relazioni umane che intessiamo. Spesso, anche l’evangelizzazione vive della comunicazione che intratteniamo con gli altri, vive delle riflessioni attorno alla Parola di Dio che ci scambiamo attraverso tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, vive dei messaggi sul nostro carisma che affidiamo a Internet oltre che ad altri mezzi di comunicazione di massa. L’entusiasmo che mettiamo in questa missione può, a volte, travolgerci lasciandoci prigionieri di un mezzo che ci fa dimenticare la finalità che avevamo nella mente e nel cuore quando abbiamo iniziato a utilizzare le nuove tecnologie. Stiamo dunque allerta, per noi stessi e per chi ci sta accanto. Parliamone con i ragazzi delle nostre scuole, con le loro famiglie, con i giovani che collaborano con noi nella pastorale e nell’educazione. Soprattutto bambini e adolescenti rischiano di venire risucchiati dal vortice delle nuove tecnologie e dal loro enorme potere di attrazione. Passiamo in rassegna alcuni comportamenti che aiutano a prevenire il rischio della dipendenza.

Le strategie da mettere in atto sono diversificate. 
Intervallare momenti di fruizione tecnologica con la lettura, anzi, più si è costretti a utilizzare la Rete per lavoro, più ci si deve immergere nella lettura, attività che arricchisce, allontana dagli schermi, ci mette in contatto con i nostri cyberspazi interiori. 
Rendiamo ancora più intense la meditazione e la preghiera che rinnovano il contatto con quanto di vitale nutre la nostra consacrazione. 
Rede in te ipsum, questo l’invito di s. Agostino, che prosegue invitandoci a trascendere anche noi stessi in favore della Verità e di Dio. 
Lettura, meditazione, preghiera e vita comunitaria assaporata in pienezza prevengono la dipendenza da Internet e ci consentono di sfruttarne le straordinarie potenzialità senza rimanerne abbagliati. 
Uso intelligente della tecnologia, sempre. Abuso, mai.

Prevenzione nei confronti di noi stessi e degli altri, si diceva. Con lo sguardo attento e amorevole, osserviamo il comportamento dei ragazzi dei quali ci occupiamo nei corsi di catechismo, a scuola, negli incontri formativi. È sufficiente sfogliare i risultati delle ultime indagini di Eurispes e Telefono Azzurro7 per renderci conto di quanto il rischio “dipendenza” sia alto. Nove adolescenti su dieci utilizzano Internet e ben il 50,7% degli intervistati ha dichiarato di aver iniziato a collegarsi alla Rete tra i sei e gli otto anni di età. 
I nostri ragazzi ci stanno a cuore e allora parliamone con loro. Illuminare bambini, ragazzi e genitori su come e quanto utilizzare la Rete per evitare di sviluppare dipendenza, oltre che essere per noi un nostro dovere, è una missione.

1 V. CARETTI-D. LA BARBERA (a cura di), Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005; V. CARETTI-G. DI CESARE, «Psicodinamica delle dipendenze», in V. CARETTI-D. LA BARBERA (a cura di), Le dipendenze patologiche, 11-32.

2 C. PRACUCCI, All in. Il gioco d’azzardo patologico, Alimat Edizioni, Cesena 2010.

3 Cf C. GUERRESCHI, New Addictions. Le nuove dipendenze, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005; M. VALLEUR, Le condotte di addiction, in U. NIZZOLI-M. PISSACROIA, Trattato completo degli abusi e delle dipendenze. I. Storiografia - Fenomenologia - Epidemiologia - Aspetti legislativi e giuridici nei reati di abuso e nelle situazioni di dipendenza, Piccin Nuova Libreria, Padova 2004, 265-268.

4 C. GUERRESCHI, New Addictions. Le nuove dipendenze, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005.

5 Cf L. VALLARIO, Naufraghi nella Rete: adolescenti e abusi mediatici, Franco Angeli, Milano 2008.

6 T. CANTELMI, La mente in Internet. Psicopatologie delle condotte on line, Piccini Nuova Libreria, Padova 2000.

7 EURISPES-TELEFONO AZZURRO, 10° Rapporto Nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza. Sintesi, 2009.

Caterina Cangià fma
Facoltà di Scienze della Formazione
Università LUMSA – Roma
sisternet@thesisternet.it

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